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Guardia di Finanza (indicazione dei prezzi di vendita dei prodotti esposti al pubblico)

Corretta osservanza delle disposizioni dell’art. 23 del Decreto Legge n. 269/03 (convertito nella L. n. 326/03), relativo alla “Lotta al carovita”, nonché all’accertamento delle violazioni di cui al Decreto legislativo n. 114/98 in materia di disciplina del commercio

Di recente e con una certa frequenza presso gli esercizi del settore delle tintolavanderie la Guardia di Finanza sta effettuando controlli sul corretto adempimento delle disposizioni relative alla legislazione fiscale in materia di scontrini, ricevute fiscali e fatturazioni.

Dai verbali delle operazioni compiute, emerge che gli agenti della Guardia di Finanza, contestualmente all’esecuzione dei controlli tendenti alla verifica della regolare e corretta emissione di scontrini e/o ricevute, procedono anche alla verifica della corretta osservanza delle disposizioni dell’art. 23 del Decreto Legge n. 269/03 (convertito nella L. n. 326/03), relativo alla “Lotta al carovita”, nonché all’accertamento delle violazioni di cui al Decreto legislativo n. 114/98 in materia di disciplina del commercio, con specifico riguardo all’art. 14 relativo all’obbligo di indicazione dei prezzi di vendita dei prodotti esposti al pubblico.

In alcuni casi i processi verbali contengono l’accertamento e la contestazione dell’infrazione del medesimo art. 14 per la mancata esposizione del “listino prezzi” o delle relative “etichette” dei prodotti commercializzati. Dopo aver analizzato i verbali, si ritiene di poter ravvisare in essi alcuni aspetti privi di fondamento giuridico e, quindi, illegittimi. In primo luogo va evidenziato che i controlli operati dalla Guardia di Finanza, sono espressamente richiamati dal richiamato art. 23 del DL 269/03, definito “Lotta al carovita”, al fine di “rilevare i prezzi al consumo” in modo da poter procedere alla revisione degli studi di settore “relativi ai settori in cui si sono manifestate, o sono in atto, abnormi dinamiche di aumento dei prezzi”.

La norma in esame, per come è formulata, non consente, né legittima, la Guardia di Finanza ad elevare processi verbali di accertamento e contestazione di infrazione ai sensi delle norme vigenti (L. n. 689/81, art. 13, concernente l’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa), ma risulta esclusivamente mirata ad acquisire elementi per provvedere alla revisione degli studi di settore. Tutt’al più (ma costituisce un aspetto diverso) potrebbe ammettersi che, laddove al momento dei controlli l’impresa non sia in grado di esibire le fatture o la documentazione fiscale necessaria per la rilevazione dei prezzi, la Guardia di Finanza faccia obbligo alla parte interessata di esibirle presso gli uffici del Comando competente. Sotto altro profilo, in merito al controllo ed alle contestazioni effettuate circa la mancata esposizione dei prezzi, si ritiene necessario evidenziare che l’art. 14 del DLgs 114/98 (riforma “Bersani” del commercio) citato nei verbali, si applica esclusivamente ai prodotti venduti dalle imprese di intermediazione commerciale.

Tale norma, in effetti, dispone che “I prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all'ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell'esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, debbono indicare, in modo chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l'uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo” . In sostanza, ai sensi della norma citata non sussiste, né si può desumere, alcun corrispondente obbligo di indicazione di prezzi, listini o tariffe al pubblico nei confronti di imprese che prestano servizi.

L’impresa di tintolavanderia, per sua stessa natura, esercita una attività di prestazione di servizi e non svolge attività di commercializzazione di prodotti; pertanto il suo ambito operativo rimane del tutto escluso dall’applicazione del decreto legislativo n. 114/98 e dal conseguente obbligo di esposizione dei prezzi al pubblico. Ad integrazione di quanto evidenziato si può rilevare che in base all’art. 3 (comma 2, lettera b)), della legge n. 84/06, è stata attribuita alle regioni la competenza di assicurare “la migliore qualità delle prestazioni per il consumatore, anche attraverso la disciplina delle fasce orarie di apertura al pubblico delle imprese e la previsione della pubblicità delle tariffe”.

Al riguardo va osservato che la norma citata non ha introdotto un obbligo di pubblicità delle tariffe dei servizi prestati dalle imprese di tintolavanderia ma ha espresso solo un principio sulle funzioni programmatorie delle Regioni. Pertanto, fino a quando le norme regionali e la corrispondente regolamentazione comunale non provvederanno a disciplinare le modalità di un eventuale obbligo di esposizione delle tariffe dei servizi prestati, non potrà essere imposto alle medesime imprese alcun adempimento, né potranno essere accertate infrazioni specifiche a loro carico.

Da ultimo occorre fare un cenno a quelle eventuali circostanze, del tutto diverse dalla situazione sopra esaminata, nelle quali l’impresa di tintolavanderia, oltre ad esercitare l’attività principale di prestazione di servizi, per i quali (si ribadisce) non è obbligatoria l’esposizione delle tariffe, venda in modo complementare ed integrativo rispetto all’attività principale, prodotti di natura specifica connessi alla propria attività (es. smacchiatori, tinte, ammorbidenti, antinfeltrenti, detergenti e simili, ed eventuali prodotti non reperibili nel normale circuito commerciale), esponendoli al pubblico in appositi spazi o vetrine.

In tal caso, potendosi rilevare un’attività di vendita propriamente intesa, correlata ad un’offerta al pubblico tramite l’esposizione dei prodotti, seppur effettuata in maniera complementare rispetto alla prestazione del servizio, il decreto legislativo n.114/98 è suscettibile di trovare applicazione e pertanto si renderebbe obbligatoria l’esposizione dei prezzi dei prodotti venduti. Ma si tratta di una situazione specifica da accertare caso per caso.

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